Sono nato a Savona, piccola città ligure famosa per troppe poche cose, che diventano pochissime se chi legge è originario delle regioni italiane più distanti: ha dato i natali a Sandro Pertini, il Presidente più amato, e in un lontano passato anche a due Papi, Sisto IV e Giulio II.
Ma molto più numerosi sono i personaggi celebri che hanno soltanto vissuto per un po' a Savona, sono passati lasciando segni indelebili, ricordi, polemiche, magari sono stati ospiti per un po' di tempo senza troppo desiderarlo, oppure ancora avevano una casa di villeggiatura da quelle parti: Cristoforo Colombo, nato a 25 chilometri di distanza, che alcuni tuttora sostengono fosse savonese, Giuseppe Mazzini, Goffredo Mameli, Giuseppe Garibaldi, e a questo punto davvero molti altri, tutti liguri, ma non savonesi. Un luogo di passaggio dunque, troppo squadrato sul piano urbanistico per non sembrare una città piemontese sul mare, tutto sommato troppo distante dalla Francia per sentirne l'accento ma non per esserne stata per circa vent'anni parte integrante, in un Dipartimento transalpino, quello di Montenotte, epoca Napoleonica; in quel tempo riuscimmo a recepirne lo straordinario Catasto particellare, che poi si diffuse in tutta Italia e i cui Fogli di impianto negli archivi odierni sfiorano, quando non sono addirittura ancora quelli, l'appartenenza a quell'epoca. Già, il Catasto, poi deflagrato nella suddivisione tra Terreni e Fabbricati (Edilizio Urbano), un'intuizione che non è stata poi accolta da cosi tanti Paesi europei.
Correvano gli anni novanta, i primi anni novanta, se non era il 1991 era il 1992, e noi savonesi ci lamentavamo sostanzialmente di due cose, almeno tra coloro che per primi ci stavamo già occupando di cartografia numerica e di Sistemi Informativi Geografici. Eravamo un po' assorti e un po' vittime di due cose: dell'auspicio che un bel giorno il cantiere della variante Aurelia Bis potesse prendere il via al fine di togliere traffico alla Via Aurelia vera e propria, congestionata ogni mattina dai pendolari; e di un altro grande dubbio giovanile che assaliva naturalmente pochi di noi e che riguardava la non disponibilità di una cartografia catastale vettoriale (in realtà esisteva, a copertura dei territori di alcune province, più o meno coincidenti con le attuali maggiori città metropolitane) da parte dall'Amministrazione del Catasto, la quale nella storia ha cambiato tanti nomi che abbiamo quindi riassunto cosi, con una definizione neutra. L'assenza del Catasto Terreni vettoriale, all'epoca, era in grado da sola di mettere fortemente in discussione l'efficacia o addirittura l'esistenza stessa di quelli che successivamente vennero chiamati Sistemi Informativi Territoriali Locali. "Chissà", dicevamo allora, "se dovremo attendere l'età pensionabile per vedere realizzati questi due piccoli grandi sogni".
Sono trascorsi quasi 35 anni e l'Aurelia bis, a Savona, è stata dapprima cantierizzata, qualche anno fa, per poi fermarsi nuovamente senza che i lavori siano in realtà mai davvero iniziati (mentre a Sanremo il primo troncone fu invece inaugurato già nel 1994). Le mappe catastali invece, quelle, non solo sono finalmente arrivate, ma proprio qualche settimana fa sono state rese disponibili per la prima volta senza costo, a beneficio di tutti, e in formato vettoriale, proprio come desideravamo da giovani GISers, con quegli occhi pieni di speranza. Solo per ricordare un passaggio recente, la grossa novità introdotta in tale direzione qualche anno fa, fu intanto la pubblicazione di un servizio WMS che tuttora rappresenta il continuo territoriale nazionale raster del Catasto Terreni stesso, e che fu salutato certamente da tutti come un bel passo avanti. Oggi, pochi di noi addetti ai lavori avrebbero scommesso su di una pubblicazione dei fogli di mappa a 360 gradi per il download, operativa per tutto il territorio nazionale.
Fig. 1 Arriva il Catasto vettoriale per tutti
Ora, bisognerebbe un attimo soffermarsi sui motivi che hanno indotto l'Agenzia delle Entrate, finalmente e piuttosto improvvisamente, a compiere quest'ultimo step, quello di rendere scaricabili i vettori dei fogli di mappa senza limitazioni. E lo faremo, evidentemente, ma prima di affrontare questa tematica abbiamo bisogno di trattarne un'altra che è decisamente parallela, che ci fornisce qualche indizio e ci dà una mano a capire quella che probabilmente è la motivazione numero uno che ha indotto non solo l'Agenzia, ma anche un altro ente istituzionale centrale, ISTAT, a dare un'accelerata di pari valore alla pubblicazione per il download di un'altro livello logico di fondamentale rilevanza a seguito di un percorso digitale molto simile al precedente. Non ricordo bene se nel 2023 o durante lo scorso anno, il 2024, in ogni caso ISTAT e Agenzia inaugurarono l'atteso sito web dell'ANNCSU, l'Archivio Nazionale dei Numeri Civici e delle Strade Urbane. Questo archivio era ed è tuttora alimentato in prevalenza (parte pubblica) dagli stradari non georiferiti (ho scritto non georiferiti) di un numero di comuni italiani il cui totale è entrato da parecchi mesi nel novantanovesimo percentile, mancando oggi (al momento di questo scritto) di soli tre comuni in tutto. A margine di tali conferimenti, un accordo con HERE Navigation B.V. consente tuttora agli utilizzatori di ANNCSU la consultazione anche geografica dei numeri civici, attraverso le coordinate fornite per l'appunto dagli archivi geotoponomastici HERE. Naturalmente per i fruitori di questa tipologia strategica di dati geografici e per gli appassionati, questo momento ha rappresentato un progresso interessante, in particolar modo se paragonato a ciò che era disponibile prima in materia: nulla.
Poi sono successe altre due cose importanti, e siamo anche qui ai giorni nostri, cosi come per il Catasto: in ottemperanza al mutato quadro normativo UE, facente riferimento nella nostra fattispecie al concetto introdotto di "serie di dati di elevato valore", ove la Commissione Europea ha individuato sei categorie tematiche che debbono essere rese disponibili in formato aperto e tra le quali figurano i dati geospaziali (che a loro volta annoverano anche quelli facenti riferimento agli indirizzi), ebbene Agenzia e ISTAT hanno dapprima finalmente ottenuto parere positivo del Garante per la protezione dei dati personali (dicembre 2024), la cui precedente posizione, peraltro non ostativa, era comunque bastata a impedire per anni la pubblicazione di qualsivoglia dato toponomastico civico che implicasse la presenza di una coppia di coordinate, ove disponibili. Dopodichè, decisamente a sorpresa considerando che HERE non avrebbe mai autorizzato l'utilizzo dei propri dati geografici in download a beneficio del mondo professionale e della cittadinanza, l'Istituto di statistica italiano è uscito con la pubblicazione dei numeri civici, a un primo sguardo decisamente carenti in molte aree del Paese (fig. 2), poco fruibili a causa di coordinate geografiche che riferiscono un grado di accuracy sommario, disposti lungo le linee di mezzeria delle strade invariabilmente ovunque nel Paese, ma quantomeno presenti in buon numero, ancorchè composto di parecchi casi di indirizzo del tutto inesistenti (fig. 3), in parte ma solo in parte a causa del fatto che i comuni, all'interno dei loro stradari, sono abituati ad assegnare i numeri civici ben prima che si materializzino nuove lottizzazioni, nuovi edifici e poi nuovi quartieri comunque previsti. Fig. 2 Mercato San Severino in rosso i civici ANNCSU in verde i civici StudioSit SA
Fig. 3 La Spezia i civici ANNCSU non esistono
Di conseguenza, da una parte lo standard operativo che è stato utilizzato in ambito ANNCSU per generare il presente livello di georeferenziazione, contraddistinto da un carattere di estrema omogeneità nazionale, non è in alcun modo riconducibile all'iniziativa comunale; dall'altra però, esso trova conforto dall'informazione municipale della quasi completezza del numero delle aree di circolazione rappresentate negli stradari, dai quali soli però non è naturalmente possibile conoscere le coordinate dei numeri civici.
E allora? Beh, complice anche la fretta di cui parleremo, ne è derivata intanto la scelta obbligata del citato posizionamento dei punti sparsi a centro strada, indifferentemente pari o dispari, ma soprattutto sono conseguite le necessarie operazioni riconducibili alle vecchie pratiche di interpolazione, che hanno condotto a risultati sufficienti soltanto in presenza di vie aventi ridotte dimensioni, oppure una concentrazione edilizia importante, mentre altrove, diremmo quasi dappertutto, i numeri civici sono finiti a distanze superiori di almeno venti metri rispetto alle aperture di riferimento, con picchi di centinaia e centinaia di metri. Poi ci sono le aree di circolazione più recenti, dove i civici di pertinenza proprio non ci sono (fig. 4) o sono stati posizionati gli uni sopra gli altri, a inizio strada, e tutti, per quanti essi siano, attribuiti a un unico punto di coordinate approssimate.
Fig. 4 Roma recente edificazione in rosso i civici ANNCSU in verde i civici StudioSit SA
Lo sappiamo molto bene noi di StudioSit SA, che abbiamo iniziato negli anni '90 a rilevare sul campo i numeri civici di tutta Italia: questa attività è talmente impegnativa, specie in un Paese come il nostro, che non si potrebbe improvvisare proprio per nessuna ragione, nemmeno nella necessità di assolvere a un obbligo di legge. Ed è proprio qui che cade la seconda cosa importante, che sta cominciando a succedere più o meno mentre state leggendo. Il Regolamento di esecuzione (UE) 2023/138 si rivela cogente per tutta l'Unione, come è evidente, ma limitando la nostra breve analisi ai Paesi confinanti con l'Italia (che sono cinque), non possiamo non notare almeno tre cose.
1) Francia, Svizzera (che non appartiene alla UE) e Austria, non hanno pubblicato e offerto a titolo gratuito l'utilizzo dei dati geografici di elevato valore semplicemente perchè a chiederlo era una norma emanata da un organismo sovraordinato (che deroga leggi e regolamenti inferiori, ove esistenti sul medesimo soggetto), ma per offrire un servizio alla collettività; ed è per tale principale ragione che in questi Paesi sono state investite risorse pubbliche e formate qualifiche altrettanto pubbliche sulla generazione di queste banche dati cruciali, e che è stato fatto molto (ma molto) tempo prima di noi
2) Così operando, oltre a facilitare il lavoro di molte categorie professionali che ogni giorno gestiscono, pianificano, misurano, comprano e vendono piccole o grandi porzioni di territorio, i soggetti coinvolti hanno avuto il tempo di apprendere, organizzare e collaudare il flusso informativo inter-ente che si trova alla base della realizzazione delle banche dati stesse, specie quella dei numeri civici.
3) Per conseguenza, questi Paesi pubblicano e rendono fruibili dati geografici di qualità da parecchi anni, e lo fanno seguendo meccanismi assolutamente collaudati. Persino le più piccole Slovenia e Croazia, pur essendosi anche loro mosse più o meno come l'Italia ai fini del rispetto della Direttiva Inspire, hanno adottato criteri di georeferenziazione che seppur non ottimali (i civici sopra le case non si mettono), hanno dato luogo a un geodb toponomastico e dei numeri civici di tutto rispetto, per completezza, grado di aggiornamento e posizione delle informazioni.
E allora perchè noi no?
"Ci devono sempre essere motivazioni fantasiose, scusanti, ritardi, intoppi, firme che mancano, responsabilità che non si prendono, alla base del fatto che il Paese più bello del mondo debba sopportare l'esposizione di dati che lo descrivano in modo così sommario, impreciso e pressochè inutile?"
Lasciamo tutto questo al giudizio dei lettori.
E poi c'è altro, molto altro. Perchè l'UE fa questo? Per quale ragione richiede agli Stati membri la pubblicazione di dati aperti con riferimento a banche dati come il Catasto, che racconta della proprietà privata (altro che numeri civici) e che attraverso le Istituzioni nazionali che lo gestiscono consente oggi addirittura la ricerca e la visurazione da parte di qualunque utente dei riferimenti di tutti i diritti reali (proprietà in testa) esercitati da un qualunque altro soggetto sul territorio nazionale? E' normale? Non se ne potrebbe parlare? Forse si, è normale, e quasi sicuramente no, non se ne può parlare. Perchè "ce lo chiede l'Europa", un verso in grado di troncare quasi tutte le conversazioni, in Italia e altrove.
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