Ho forse mai chiesto che mi venisse dato in uso un Digital Twin Urbano? Qualcuno di voi l'ha fatto? Non lo so, può darsi più facilmente che lo abbia fatto un ragazzo all'interno del proprio vissuto in ambito gaming.
Ora, qualcuno potrebbe correttamente osservare che questo mondo, prima o poi, dovrà appartenere a coloro che sono giovani oggi. E fatalmente lo farà. Nel frattempo la mia curiosità impone di venire a sapere in qualche modo il motivo per il quale proprio adesso, gli adulti, si trovano a dover fronteggiare questo mastodontico scenario un po' tecnologico e un po' no, figlio di genitori a noi non necessariamente noti e battezzato con un nome che nasconde, come non è mistero, un'innovatività per tre quarti non pervenuta, a seconda dei passaggi procedurali della produzione del dato che si vogliano considerare.
E' il primo articolo sul tema. Parlo per me naturalmente, poiché vista la mole di pareri, documenti, presentazioni e lavori pubblicati anche solo negli ultimi 20 mesi, in un crescendo mediatico generativo iperbolico e senza precedenti, almeno per noi geo amatori, come diamine avrei fatto a resistere alla tentazione? E quindi è un po' come se fosse già il mio cinquantesimo contributo. Voglio dire, siamo talmente (e soltanto a volte piacevolmente) sottomessi da informazioni sull'argomento che è come se ne avessimo scritto anche noi, per difenderci.
Approcciando senza fretta i contenuti, la mia prima domanda riguarda la vostra comprensione del significato, dopodiché la vostra opzione, sul fornire una definizione piuttosto esauriente di Gemello Digitale Urbano. Una definizione il più personale possibile, ovviamente. Mentre con la seconda domanda si intende sollecitare il lettore in un tentativo di comprendere ciascun per sé quanto, che cosa e perché un Digital Twin sia in grado di aggiungere a ciò che già era disponibile sul mercato diciamo un paio d'anni fa, ebbene se questo tentativo vi portasse semplicemente a deglutire, allora sarebbe probabilmente inutile continuare a leggere questo articolo, perchè non solo io non ho compreso ciò di cui all'una o all'altra domanda, ma ancor più nebuloso ai miei occhi è il che cosa stia accadendo, sul tema, nelle famose stanze dei bottoni. Un affaire, credetemi almeno su questo, infinitamente più interessante.
Consiglio sempre di unire i punti, in sostanza di leggere tanto e da più direzioni possibili, in modo da costruire un castello di pareri che siano davvero propri e più che mai proprietari.
Magari molti dedurranno molti aspetti in autonomia, con un po' di tempo e senza leggere poi molto, ma cogliendo informazioni che semplicemente diremo fluttuano nell'aria. Questo articolo è dedicato a loro.
Esprimeremo durante la riflessione (come al solito) alcune tra le nostre bizzarre teorie sulla genesi della copia digitale del mondo e come al solito non lo faremo per creare suspense ma al solo fine di procedere con un certo disordine. Insomma non seguitemi, mi sono perso anch'io – come si dice - ma soprattutto poi non venitemi a raccontare che non ve l'avevo detto, sempre a patto che l'editore mi conceda l'imprimatur necessario, che stavolta è più che mai a rischio.
Dunque, io credo, ancor più di altre volte che sia importante e necessario fare non uno ma due o tre passi indietro. Cominciando da queste due semplici osservazioni di riscaldamento che mi permetto di proporre al lettore: 1) da quanto tempo esistono la tecnologia LIDAR e LIDAR / SLAM, e 2) da quanto tempo sono disponibili soluzioni B2B o addirittura consumer di tale tecnologia? La risposta alla prima domanda non è così interessante e non è di stretta pertinenza, in ogni caso SLAM è nata a cavallo tra gli anni '80 e '90. Mentre all'interno della trattazione è più utile sapere che le soluzioni commerciali (il cui pricing, a parità di segmento di mercato occupato, presenta fino ai giorni nostri proporzioni di variabilità che non immaginereste per quanto sono ridotte) sono comparse e si sono diffuse significativamente almeno vent'anni fa. Ciò significa che da inizio millennio è possibile uscire sul campo (e poi eventualmente rientrare e fare altrettanto in ambienti indoor) e acquisire nuvole di punti con buona accuratezza, integrandole con GCP rilevati o rastrellati in compravendita o in opendata sul mercato. Ok, invece un LIDAR integrato all'interno di Apple iphone esiste fin dalla versione 12 Pro Max (2020).
Non è il caso che vi dica da quanto tempo esistono le camere digitali metriche dotate di risoluzioni importanti.
Per non parlare dei geoportali dedicati alla pubblicazione dei dati geografici, 2D e 3D: certo, ne sono migliorate la tecnologia e la fluidità di accesso, personalmente non posso certo dire che ci siano sempre stati da che io ricordi poiché per ragioni anagrafiche, ho parecchi ricordi anche antecedenti quel periodo, tuttavia anche qui parliamo di cose già ampiamente presenti da numerosi anni.
Altrettanto dicasi e valga per quanto riguarda l'applicazione delle 3D mesh e la realizzazione dei 3D building facades models. Decenni e lustri, rispettivamente.
Insomma, c'è tutto, c'era già tutto, in realtà quasi … tutto. Su questo “quasi” poggia e risiede uno dei principali (il principale, sul piano tecnico) motivi della rivoluzione dialettica in corso. Se cioè poco fa ci siamo chiesti il perchè del fatto che proprio oggi si insista tanto sulla comunicazione di cose che potevano essere realizzate anche in passato, dunque sicuramente il mondo machine learning e le reti neurali stanno dando una forte spinta alla generazione molto più rapida e massiva delle restituzioni geografiche 3D, siano esse di derivazione fotogrammetrica digitale tradizionale (meglio specificare) che LIDAR, e la faccenda consente grossolane minimizzazioni nei tempi di produzione e conseguenti riduzioni di costo per kmq restituito, rappresentando quindi senz'altro un elemento convincente per comprendere la spinta verso i nuovi paradigmi di mercato della cui deflagrazione siamo testimoni anche noi, in ambito geo.
Il processo fotogrammetrico viene eseguito allo stesso modo da tanti anni e l'Artificial Intelligence, istruita come si renda necessario, non fa che replicare e replicare il processo stesso, consentendo la derivazione dei modelli 3D di un territorio molto più vasto rispetto a prima, a parità di fattore di scala (o di quello che ne rimane in termini concettuali) e di unità di tempo.
E' il classico game changer, ma non è il solo. La definizione più ampia e corretta di Gemello Digitale Urbano, che ingloba una sostanziale componente hardware, di sensoristica e di controllo, se da una parte consente un'espressione dinamica della manifestazione geografica cruciale, dall'altra si palesa come strumento di vigilanza cittadina, se vogliamo per un attimo o per sempre rimanere scettici sugli annunci di un “modello alternativo di cittadinanza attiva, in un’ottica di miglioramento della qualità di vita a 360° che renda i cittadini protagonisti dei grandi mutamenti sociali, economici e ambientali in una chiave progressista ed inclusiva”1. I cittadini avrebbero dovuto, stando ad uno sterminato numero di comunicazioni e di intenti rappresentati nel passato e nel presente dalla nostra chiamiamola parte Pubblica Centrale o Locale, essere protagonisti da un bel pezzo; invece sembra lo siano sempre più poco o niente, quando a me pare di vedere in giro null'altro che degrado culturale, depauperamento della consapevolezza e riduzione identitaria.
Eppure “non c'è struttura più profonda per l'umano di quanto sia data in e attraverso la struttura di luogo e spazio”. E ancora “... non è quindi una questione di mero attaccamento emotivo degli individui ai luoghi o addirittura delle collettività umane ai luoghi. Lo è invece in modo più basilare e più pervasivo: il contenuto e il significato stesso della vita umana è indissolubilmente legato alle entità e agli eventi concreti che costituiscono l'ambiente localizzato, contesti in cui si vive la vita umana”2
Si tratta di elementi, i nostri luoghi (insieme ai luoghi degli altri legati ai nostri, e via dicendo), forse non connaturati a noi, ma per certo ancestralmente vincolati alla nostra stessa esistenza ed interconnessi ad essa. Meriteremmo perciò di essere primattori, ancor più che protagonisti, anche nella parte digitale della vita, ove la nostra partecipazione in un modello di collettività 2.0 si possa intrecciare con quella tradizionale nel modo in cui noi desideriamo.
Benvenuto in ogni caso, Digital Twin delle città e dei territori, staremo a vedere (noi stiamo sempre a vedere), ma anche questa volta, occorre segnalarlo, rischiamo un pezzo più o meno significativo di autodeterminazione; anche stavolta potremmo subire l'erosione di momenti percettivi vastissimi della vita umana stessa, a quel punto sempre meno distinta e più confusamente aggregata nella sue parti vissuta e indotta.
Torniamo a noi. “Il Digital Twin di una città/comunità è basato su un modello 3D della città (City Model), il quale rappresenta accuratamente tutte le infrastrutture presenti nella realtà fisica, dagli edifici, alle strade, alle reti tecnologiche. Tale modello è alimentato da una grande quantità di dati generati da sistemi sensoriali e di acquisizione in tempo differito e reale. Affinché una città possa essere modellata, è quindi implicita la sua ridefinizione in Smart City, aggregando e integrando Digital Twin specifici di sistemi quali quelli riguardanti: (i) gli edifici intelligenti, (ii) le infrastrutture dedicate alla mobilità di persone e beni, (iii) le reti energetiche, di TLC e di distribuzione delle risorse idriche.
La caratteristica saliente del gemello digitale è quindi la sua sincronizzazione con l’entità fisica simulata e la sua capacità di reagire continuativamente ai mutamenti delle condizioni operative del gemello fisico, fornendo prontamente, ad esempio, indicazioni per la sua corretta gestione”3.
La componente geografica pura, il 3D model di un territorio, è quindi destinata a rimanere per l'appunto una componente del Gemello Digitale Urbano, ma con buone probabilità è destinata anche a rimanere al centro di esso, inglobando gli ambiti SIT e BIM, che in quanto tali perderanno gradualmente significato a partire dal momento in cui inizieranno ad essere osservati dai player di mercato, dai fruitori e dagli altri svariati aventi causa, come facenti parte di un contesto tecnologico più ampio.
Il Twin Geografico va nel frattempo costruito, purtroppo non facilmente dalle ceneri degli impianti geocartografici preesistenti, perciò più verosimilmente attraverso l'utilizzo promiscuo e rinnovato delle strumentazioni di rilevamento che abbiamo segnalate essere disponibili da un po' di tempo. E come riferito, non certo al di fuori dell'irrinunciabile propulsore costituito dalle neural networks. Ma per poter essere tecnicamente concertato e realizzato, il nostro, deve passare necessariamente anche attraverso i raggi X presenti nel mare magnum delle specifiche tecniche, offerte dalle diverse Istituzioni e Organizzazioni che della relativa stesura si sono fino ad ora fatte carico. Per quanto riguarda la geo rappresentazione del pianeta Terra o più semplicemente del territorio italiano, hanno a vario titolo (anche qui alle diverse scale di dettaglio) prodotto le loro specifiche, in ordine rigorosamente geografico decrescente: Open Geospatial Consortium, Agenzia Spaziale Europea, Centro Nazionale delle Ricerche.
Occorre concentrarci qui, e ancora una volta, sul vero nucleo descrittivo che merita probabilmente la convergenza di tutti noi: la ricerca più o meno spasmodica del LOD3, quale fenomeno rappresentativo di dettaglio massimo della realtà geoinformativa, modello geosemantico prima che concettuale, realistico prima e oramai molto più che simbolico, nella realtà stessa di un qualsivoglia continuo territoriale.
La cooperazione tra i soggetti poc'anzi evidenziati dovrebbe essere cosa già fatta o a dir poco scontata, e invece non è detto che lo sia o che lo sarà.
Come abbiamo già avuto modo di evidenziare (e lo faremo finalmente con dovizia di particolari nel prossimo articolo in onda durante o poco dopo le vacanze Natalizie), in Open Geospatial Consortium (OGC) sono convenuti gli interessi ed i conseguenti automatismi di finanziamento da parte dei grossi nomi tecnologici globali. Per cui è altamente probabile che tra non molto avremo il piacere di ammirare quantomeno l'intero antropizzato (hai detto niente) di Google Maps e di Apple Maps (già, si chiamano allo stesso modo), che sarà vestito secondo specifiche OGC in tutti e per tutti i suoi livelli logici e informativi di pertinenza.
Che cosa vuol dire? Beh, le informazioni geografiche 3D sono più o meno evidentemente parenti strette di quelle tradizionali concepite in due dimensioni, e da queste in qualche modo almeno filosoficamente discendono, ma sono solo parenti. Ciò significa che se i portali generalisti geografici di cui sopra applicheranno uno standard qualitativamente più impegnativo rispetto a quello retto dalle specifiche ispirate da Istituzioni nazionali (locali) o anche soltanto continentali, allora, diciamo, la cosa si noterà e parecchio. Assisteremo cioè ad un ulteriore step evolutivo monodirezionale del digital divide, sempre più a trazione globale e votato a crescere in misura e maniera direttamente proporzionale rispetto ai fattori di scala (ancora) sui quali si muovono i diversi attori.
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1Cfr. Il Gemello Digitale di Bologna: un modello di innovazione e visione per le città di domani
2Jeff Malpas
3Wisetown