Mappare a priori o a posteriori?

Mappare a priori o a posteriori?

Da un pò di tempo fa notizia l’applicazione delle tecnologie geomatiche nella gestione delle emergenze per disastri ambientali. Peccato che si tratti in maggioranza di interventi a posteriori. Si approntano mappe per analizzare la distruzione nei post-terremoto come abbiamo visto per il Nepal proprio in questi giorni, oppure per la gestione di inondazioni come l’esempio recentissimo del Texas di pochi giorni fa e così via, si potrebbe continuare a citarne all’infinito. La notizia di una mappa appena realizzata per la gestione di un terremoto fa notizia, più di quanto ci si possa aspettare.

Molto meno invece la notizia relativa ad un sistema di prevenzione, come una mappa per i piani di fuga dalle inondazioni o dai maremoti, o dei siti sicuri per un certo tipo di evenienza disastrosa. Anzi, peggio ancora, si continua ad ignorare qualsiasi mappa del rischio sia sismico che idrogeologico, per il fatto che nessuno si vuol prendere la responsabilità di avvertire la popolazione e prendere gli opportuni provvedimenti. L’Aquila insegna. 

La prevenzione rimane, purtroppo, a carico di alcune amministrazioni che si dotano di sistemi informativi geografici ad uso interno, quasi mai messi a disposizione dei cittadini. Eppure è risaputo, anche sulla base di recenti esperienze, che un buon piano di prevenzione mitiga moltissimo gli effetti di qualsiasi disastro naturale. Se oggi si lodano le tecnologie geomatiche per gestire le emergenze, si dovrebbe anche pensare seriamente ad utilizzarle “prima” che queste succedano in un sistema organico che dia origine ad una vera politica di prevenzione.

È necessaria una serie ampia di interventi inseriti in un programma nazionale di riforma di tutto il territorio per creare stabilità nella società, fornire opportunità per i cittadini a partecipare allo sviluppo economico, per promuovere una migliore gestione ambientale e responsabile per incoraggiare gli investimenti privati sul territorio. Una tassazione equa, ad esempio della proprietà, è in questo momento una priorità e si può basare solo su elementi caratterizzanti che devono essere rilevati con tecniche scientificamente validate per essere considerate obiettive. Ma anche le strategie di gestione sono necessarie in tutto il territorio in settori quali l'agricoltura, la silvicoltura, il turismo, le infrastrutture e la prevenzione dei dissesti idrogeologici e dei disastri naturali. Troppo spesso, questi interventi sono eseguiti in isolamento.

La mancanza di una gestione congiunta del territorio conduce spessoa leadership disarticolate e frammentate negli accordi di settore istituzionali producendo anche quadri giuridici e normativi incoerenti. La mancanza di una vera infrastruttura completa di dati spaziali nazionali è causa del mancato “decision-making” che dovrebbe essere “evidence-based”.

È necessario un approccio più olistico per realizzare una gestione integrata e sostenibile del territorio della nazione, la cui organicità vive di interrelazioni e di interdipendenze funzionali, tra le parti che la compongono, atte a dar vita ad un complesso organico, non riconducibili alla somma meccanicistica delle sue parti. Dovremo sicuramente ripensare i ruoli e le strutture delle istituzioni per adeguarle alla crescente capacità del cittadino nella amministrazione e gestione del territorio.

Per questo servirà una revisione dei sistemi formativi atti a creare una nuova generazione di professionisti del territorio che vadano verso una più ampia comprensione della gestione integrata e sostenibile del territorio stesso. Le esperienze che riportiamo su GEOmedia confermano tutte l’importanza e la necessità di questa azione, anzi di approcciare un nuovo percorso.

E questo cammino di cambiamento, che si deve attuare tramite tecnologie atte a fornire strumenti di decisionalità basati sull’evidenza, ha bisogno di iniziare ora.

Editoriale del numero 2 - 2015 di GEOmedia


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