25 – 27 settembre 2024, Roma - Convegno AIC Associazione Italiana di Cartografia

A sessant’anni dalla fondazione, l’Associazione Italiana di Cartografia intende attivare un confronto tra il contributo alla conoscenza del territorio

e dei suoi valori finora perseguito, da un lato, e un futuro itinerario di promozione di analisi e utilizzo della cartografia quale supporto alla società civile nel campo della tutela e della valorizzazione delle risorse ambientali, culturali e territoriali, dall’altro.

Questi primi sessant’anni, se non si considerano i due ‘di pausa’ dovuti alla pandemia da Covid-19, coincidono con il sessantesimo Convegno annuale. Il programma, che ne riprende lo spirito fondativo, è un’occasione per valutarne l’attività, svolta sempre in maniera itinerante, totalmente dedita alla promozione dello strumento cartografico nelle sue diverse essenze e prospettive di analisi, nonché quale fonte e strumento di ricerca. Ma è anche un’opportunità per cogliere il divenire della cartografia alla luce della più recente e rapidissima evoluzione delle tecniche di rappresentazione, con il conseguente stravolgimento della più tradizionale filiera di produzione: dalla raccolta dei dati alla scelta della proiezione e della scala; dalla tecnica di selezione e interpretazione delle informazioni alla definizione del simbolismo e del linguaggio grafico, con la relativa toponomastica; dall’edizione alla produzione e alla diffusione. Se è vero che l’incisore della pietra litografica è stato sostituito dall’esperto di sistemi informativi geografici e che la pellicola di stampa è stata trasformata in file, nulla è però cambiato per quanto concerne la capacità informativa della rappresentazione, la quale dipende interamente dalle modalità con cui viene processato e assemblato il dato di partenza, nonché dalla scienza, dalla tecnica e dall’arte che compongono il linguaggio grafico.

L’innovazione, nel caso specifico, può solo favorire le soluzioni tecniche atte a produrre una rappresentazione ma non può cambiare la capacità informativa basata sulla qualità dell’espressione simbolica. Lungi dal rinunciare all’analisi dalla documentazione del passato quale strumento di ricerca e fonte di conoscenza propedeutica alle valutazioni di oggi, e per il domani, l’innovazione, riferita agli approcci progettuali e alle tecniche di produzione, è auspicabile e va da sé come da ciò derivi una maggiore performanza della rappresentazione, quantomeno come precisione del dato, sequenzialità e approccio scientifico.

L’informazione geografica non è però solo quella prodotta con immagini e pseudo-mappe veicolate attraverso i social media e le reti, per quanto questa tipologia sia divenuta diffusissima e per certi versi può essere considerata quasi banale vista la generale accezione nel far corrispondere il significato con la semplice localizzazione. Tale produzione assume rilevanza in quanto svolge anche una funzione sociale (se ad esempio si pensa alla VGI, la geografia volontaria, o alla cittadinanza attiva), non è però quella che è chiamata in causa al momento di definire le problematiche connesse con la tutela dell’ambiente e la salvaguardia del territorio, anche se per certi versi può contribuirvi in maniera significativa.

Quella di cui vuole discutere il Convegno, piuttosto, è quella strutturata tecnicamente, scientificamente validata e correttamente georiferita, della quale vuole riscoprire, riaffermare e puntualizzare la forza persuasiva e la capacità informativa, fondamentali per programmare, progettare e gestire correttamente un territorio e un ambiente, oggi estremamente vulnerabili.

Sicché la cartografia è alla base di tutte le scienze territoriali, indispensabile per diffondere la conoscenza, essenziale per trasformare un input di qualsiasi provenienza ma riferito al territorio in elemento geografico, quindi operabile sia nel campo della ricerca sia in quello del progetto e dell’intervento operativo.

Il Convegno, dunque, intende porre la cartografia alla base dell’informazione ambientale e quale strumento indispensabile nell’analisi dei processi, nonché optimum della conoscenza storicamente ponderata dei diversi sistemi naturali in un’ottica di salvaguardia territoriale integrata: la cartografia e la gestione dell’ambiente incarnano, pertanto, il filone conduttivo di questo sessantesimo Convegno annuale dell’AIC. La recente edizione dell’innovativo e prestigioso Atlante dei dati ambientali – Edizione 2023 dell’ISPRA, indispensabile nella conoscenza dei processi naturali nel nostro Paese, letti in maniera dinamica e interagente, è l’occasione per rimarcare l’approfondimento dei rapporti tra quadro evolutivo generale e attività antropica visti, appunto, in prospettiva cartografica applicata alla tutela dell’ambiente. La produzione di ISPRA, che qui corre l’obbligo ringraziare per la disponibilità a coorganizzare questo evento rafforzando la sinergica considerazione ambiente-cartografia, ha fornito lo spunto per generare l’idea sulla quale impostare le giornate di lavoro, ripercorrendo la storia del pensiero umano ma guardando al futuro con un’attenzione particolare agli Elementi che in passato sono stati riconosciuti come ἀρχή (archè) di tutte le cose, mentre oggi sono diventati causa delle nostre maggiori preoccupazioni territoriali. La cartografia, così, si rivela come supporto indispensabile per conoscerli e incentrare le comuni azioni nei loro confronti: tutela, conservazione, protezione, valorizzazione, gestione.

I contenuti scientifici

Il richiamo del titolo alle teorie espresse dai più antichi filosofi greci – i monisti della scuola di Mileto (Talete, Anassimandro e Anassimene) per i quali l’azione singola dei quattro elementi di base, aria, acqua, terra, fuoco, era posta all’origine dei fenomeni, in seguito rielaborate dai pluralisti (Empedocle, Anassagora, Leucippo e Democrito), secondo cui la loro combinazione produceva la natura nella sua costante varietà – consente di trarre una prima, ragionata, spiegazione dello spazio nel quale collocare i fatti della geografia.

Sarà il pensiero moderno più maturo, con Hegel e Kant, a precisare dualisticamente l’origine della concezione dello spazio, introducendo lo spirito come criterio atto a definire la materia quale forma pura della nostra intuizione sensibile, laddove però è la coscienza a determinare una compiuta concezione del mondo grazie alla innata presenza in tutti gli esseri umani delle tre dimensioni dello spazio (lunghezza, larghezza, altezza), prima di approdare alla sua identificazione in quanto contenitore e della materia come il contenuto.

La complessa analisi della spiegazione dell’origine e del significato dello spazio geografico che la scienza cartografica vuole rappresentare, in questa occasione non appare semplicemente come la dotta dissertazione che ha segnato gli albori della scienza ellenica da cui discende gran parte del sapere del mondo occidentale.

L’antica visione filosofica dello spazio, la quale intravedeva in questi quattro elementi l’origine della materia e delle cose, è un richiamo al modo in cui oggi essi sono alla base della geografia e, soprattutto, delle preoccupazioni nei riguardi del nostro avvenire, nonché dell’assetto degli equilibri della terra. Con una attenzione particolare al contesto italiano, si è consapevoli del fatto che il nostro territorio è interessato da eventi catastrofici, la cui frequenza assume, ormai, dimensioni allarmanti in un’alternanza tipologica e periodica segnata stagionalmente e sempre foriera di disordini ambientali. D’altronde nessun Paese come l’Italia, sia per cause intrinseche sia per posizione geografica, è esposto a una serie di rischi di origine naturale, come la sismicità e l’evoluzione geomorfologica, cui vanno poi a sommarsi altre componenti di diversa natura e cause antropiche, generando un quadro ambientale preoccupante proprio in relazione alle tematiche legate ai quattro elementi in discussione.

La ben nota scena, destinata a reiterarsi con una distribuzione geografica diffusa, prevede l’ingresso dirompente di questi elementi-attori accompagnato da effetti disastrosi cui non si è ancora capaci di prevenire e arginare. Quando infatti non è l’acqua a travalicare gli argini e irrompere nelle campagne e negli abitati, oppure a provocare frane e dissesti, è il fuoco a seminare distruzione e disperazione, oppure il ciclone a interrompere relazioni e comunicazioni, definendo scenari angosciosi su una Terra divenuta sempre più fragile e vulnerabile, in un crescendo di distruzione dinnanzi a cui manca un approccio adeguato, ossia con modalità preventive (ante operam). e non riparatorie (post operam).

Fortunatamente, le crescenti sensibilità e attenzioni agli interventi sul territorio, sostenuti da una normativa che impone la valutazione degli impatti e degli effetti prodotti da nuove opere, consentono certamente di evitare ulteriori rischi di instabilità; purtuttavia, le conseguenze di una lunga e incauta gestione priva di valutazioni sugli equilibri dei suoli hanno posto condizioni di fragilità tali per cui è sufficiente una pioggia breve ma intensa (le cosiddette bombe d’acqua) per alterare un equilibrio in uno scenario nel quale l’azione di uno o più degli elementi all’origine delle cose interviene per creare nuove geografie.

Sicché, ai quattro elementi primordiali possiamo oggi attribuire significati che vanno oltre lo spirito filosofico loro assegnato agli albori della civiltà occidentale, identificabili dagli effetti nefasti della loro azione sull’ambiente e dalla conseguente interazione con il territorio, sia pure in specifiche situazioni o in determinate condizioni.

In linea di principio si è d’accordo che la conoscenza generi consapevolezza del fare e decisione nell’agire; nella prassi è l’esigenza della produzione della conoscenza da cui derivare le scelte per definire le modalità e le tempistiche da adottare. Operare correttamente nel rispetto delle resilienze della natura e dell’ambiente, con uno sguardo fondamentale all’approccio con il quale realizzare, programmare, gestire e conservare, necessita innanzitutto del ricorso a valutazioni cartografiche, ovvero condotte mediante l’unico strumento che consente riflessioni e decisioni ad un più ampio spettro di vedute.

Il momento di analisi proposto dal Convegno vuole così essere un focus sui nuovi orizzonti che, in questo senso, si aprono alla cartografia, come oggi la si può intendere, tenendo conto della grande rivoluzione intervenuta nel mondo dell’informazione geografica o, meglio, della divulgazione dei dati geografici, grazie alle reti e ai social media, all’accessibilità liberalizzata a diverse fonti ufficiali un tempo impensabili, alla disponibilità di immagini che hanno portato il mondo intero alla portata di tutti consentendo di analizzarne ogni minimo dettaglio, ai programmi di esplorazione della Terra dallo spazio e alla diffusione delle informazioni con i relativi sistemi di elaborazione e processamento, alle tecniche di trattamento e di rappresentazione, alla sempre maggiore diffusione dei sistemi informativi geografici, proprietari od open source. Non trascurando, in questo quadro, due aspetti che forse più di tutti possono ulteriormente implementare i cambiamenti negli approcci alla produzione: l’utilizzo dei Big Data e l’AI, Intelligenza Artificiale.

Tenendo sempre presenti l’analisi storica e l’approccio diacronico all’evoluzione dei fatti e dei fenomeni ambientali che consentono di conoscere le condizioni del passato e la loro trasformazione, da considerare prioritariamente quale principio di base su cui focalizzare le ipotesi e le azioni da svolgere in futuro. In definitiva, nessuno strumento può sintetizzare in un’unica videata i cambiamenti intercorsi nel tempo in un territorio meglio della rappresentazione cartografica: si pensi, ad esempio, all’evoluzione di un corso d’acqua su di una piana terminale, da cui può derivare l’interpretazione dei fatti alluvionali che tanta preoccupazione hanno destato anche recentemente, oppure alla sintesi dei dati provenienti da interferometrie satellitari, geolocalizzando e focalizzando la loro espressione informativa su una carta per ricavare l’informazione relativa ai movimenti del suolo e alle pericolosità che questi possono generare, alle cose e alle popolazioni. Tali richiami, opposti solo in apparenza, sono invece perfettamente coerenti alla sintesi cui il Convegno intende approdare: la rappresentazione come strumento che mette in condizione di esplorare, valutare, sintetizzare, operare.

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