Il settore geospaziale sta attraversando una trasformazione profonda. Tecnologie come realtà aumentata, intelligenza artificiale e integrazione con il cloud si intrecciano con sfide globali sempre più urgenti: dalla resilienza climatica alla crescita urbana.
In questo contesto, poche figure hanno avuto e continuano ad avere un impatto paragonabile a quello di Jack Dangermond, fondatore e CEO di Esri.
Da oltre cinquant’anni, Dangermond guida l’evoluzione dei sistemi informativi geografici (GIS), portandoli da strumenti specialistici a piattaforme globali che influenzano le decisioni di governi, imprese e comunità. In un’intervista alla rivista americana xyHt, ha delineato non solo aspetti tecnici, ma soprattutto una visione di ampio respiro: l’integrazione sempre più stretta tra rilievo topografico, cartografia e tecnologie GIS, come già si è visto in applicazioni come Survey123 o nei sistemi 3D per la rappresentazione delle città e del territorio. Basti ricordare che nei primi database GIS la terza dimensione (coordinata z) era solo un campo accessorio, non parte integrante della definizione dell’oggetto geografico.
Oggi, invece, i digital twin — copie virtuali degli edifici e delle infrastrutture — vengono concepiti come sistemi dinamici, integrati in un’infrastruttura geospaziale distribuita simile a un sistema nervoso planetario, arricchiti dall’apporto di agenti intelligenti a supporto delle competenze umane. Per Dangermond, non si tratta solo di software, ma di un nuovo modo di organizzare e utilizzare la conoscenza.
La geografia come scienza dell’integrazione
Nell’intervista, Dangermond insiste su un concetto chiave: la geografia è la scienza dell’integrazione. “La geografia è tutto”, afferma. È la disciplina che connette geologia, sociologia, climatologia, idrologia e molte altre scienze in una cornice coerente per comprendere il mondo.
Il GIS è lo strumento che rende questa visione operativa, trasformando osservazioni e misurazioni in livelli informativi: confini catastali, mappe del suolo, reti di trasporto, immagini satellitari. Il denominatore comune è la posizione, “l’integratore”, che permette di allineare e confrontare dati di origine diversa. In questo senso, la topografia di precisione ritrova oggi un ruolo centrale. Non si tratta di un esercizio accademico: le applicazioni sono concrete. Sovrapponendo mappe urbanistiche e dati idrologici emergono rischi nascosti; combinando indici di vegetazione con modelli climatici e pedologici si individuano opportunità agricole. La geografia, mediata dal GIS, diventa così conoscenza azionabile.
Le tecniche della geomatica — LiDAR, fotogrammetria, droni, realtà aumentata — stanno producendo dettagli senza precedenti. Ma, come sottolinea Dangermond, la sfida non è più la raccolta dei dati, bensì la loro integrazione. Troppo spesso i digital twin vengono creati per un singolo progetto e poi abbandonati. Nella sua visione, invece, devono diventare “sintesi viventi” dei livelli GIS, continuamente aggiornati grazie ai sensori e in grado di adattarsi al cambiamento.
Le potenzialità sono notevoli: una città che combina modelli BIM, flussi di traffico, monitoraggi ambientali e dati sociali in un digital twin GIS non si limita a descrivere le infrastrutture, ma può simulare scenari futuri e valutare l’impatto delle politiche. Un gemello digitale di un bacino idrografico può prevedere piene e supportare una gestione dinamica delle risorse. La chiave, in entrambi i casi, è la continuità.
Verso un’infrastruttura geospaziale globale
L’aspetto più ambizioso della visione di Dangermond è un’infrastruttura geospaziale distribuita, paragonabile a Internet. Così come la rete è nata da sistemi isolati che progressivamente si sono interconnessi fino a diventare indispensabili nella vita quotidiana, anche i dati geospaziali stanno convergendo verso un sistema globale.
Gli esempi non mancano: dall’iniziativa Inspire in Europa all’infrastruttura spaziale nazionale negli Stati Uniti, fino ai portali nazionali australiani. Con ArcGIS Online miliardi di mappe e dataset sono già accessibili e condivisi. Ma, secondo Dangermond, siamo solo all’inizio: presto si parlerà di decine di miliardi di mappe, tutte interoperabili e ricercabili, capaci di formare un vero e proprio sistema nervoso planetario.
L’urgenza è evidente: adattamento climatico, resilienza delle catene di approvvigionamento, gestione della crescita urbana richiedono un’intelligenza geospaziale transnazionale. Nessuna istituzione può affrontare da sola sfide di questa portata.
I prossimi passi
Il primo nodo da sciogliere è culturale: la disponibilità a condividere i dati. Ostacoli legati a sicurezza, privacy o inerzia istituzionale rallentano il processo. Piattaforme come ArcGIS Online ed Enterprise semplificano la condivisione, ma non bastano: serve fiducia. Condividere non significa rinunciare al controllo, bensì rendere possibile la collaborazione.
L’intelligenza artificiale è il secondo fronte di trasformazione. Dopo l’uso delle reti neurali per l’estrazione di elementi da immagini satellitari, il passo successivo sarà l’introduzione di agenti intelligenti integrati nei GIS: assistenti in grado di supportare i professionisti nei flussi di lavoro, proporre dataset pertinenti e rivelare pattern nascosti. Non sostituti, ma alleati.
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Jack Dangermond è stato imprenditore, innovatore, leader di pensiero. Oggi si presenta soprattutto come una guida. La sua visione è insieme ispiratrice e impegnativa: chiede non solo progresso tecnologico, ma anche cambiamento culturale, pazienza e collaborazione oltre i confini organizzativi. Il sistema nervoso geospaziale che immagina è ambizioso, ma necessario. Sta ora alla comunità geospaziale tradurlo in realtà.
Riferimenti: intervista a Jak Dangermond rilasciata alla rivista xyHT www.xyht.com/
L'immagine è tratta dal libro di Jack Dangermond, The power of Where.