Caro Direttore e caro Amico,
permetti a questo nonagenario topografo di scrivere alcune riflessioni.
Nel secondo periodo del ventesimo secolo, la misura sul terreno e sull’immagine ha vissuto da noi un’epoca d’oro. Nel Cinquanta vi erano quattro ordinari di topografia in Italia: Solaini a Milano, Ballarin a Pisa, Dore a Bologna ed infine Boaga a Roma, che purtroppo venne a mancare prematuramente. I due fondamentali organi cartografici dello Stato, IGM e Catasto, funzionavano egregiamente. Tre le aziende di fama produttrici di strumenti: OMI a Roma, Galileo a Firenze, Salmoiraghi a Milano (più qualche minore). Nel settore, l’Italia all’estero era ben rappresentata, soprattutto da Gino Cassinis, da Ermenegildo Santoni e da Umberto Nistri. Dieci, quindici anni più avanti, questo tranquillo mondo incominciò a sconvolgersi. Giunsero da oltralpe strumenti ed aziende straniere: Kern di Aarau e Wild di Heerbrugg dalla vicina Svizzera, Carl Zeiss dalla Germania, ÅGA dalla Svezia; poco più tardi con timidezza i primi giapponesi. Quasi di colpo arrivarono sette nuovi ordinari nelle università (“i magnifici sette”: oggi fra associati ed ordinari sono un centinaio!) mentre scomparivano una dopo l’altra le aziende italiane di ottico-meccanica: dapprima la centenaria Salmoiraghi, poi Galileo ed OMI. Topografia e poi fotogrammetria stavano per essere sconvolte dal calcolo elettronico e dall’informatica; le appena nate “Regioni” incominciavano a farsi cartografie proprie infischiandosi degli organi dello Stato e non più guidate dalla malamente scomparsa Commissione Geodetica Italiana. Sorsero così accanto alle tradizionali e già decennali aziende di cartografia fotogrammetrica (IRTA, Studio CARRA, EIRA, SARA -NISTRI, ALISUD) decine di nuove imprese (1) che poi scompariranno verso la fine del secolo, salvo un paio che diverranno internazionali, quali CGR e Rossi di Brescia, oltre a SARA-NISTRI col suo potente archivio romano. Ma tutto il mondo del rilevamento era in subbuglio, nell’ultimo trentennio del ventesimo secolo: l’informatica spazzava via concetti resistenti da oltre un centinaio di anni, modificando strutture e aziende (2). Chi scrive ebbe la fortuna di essere legato, oltre che al mondo universitario, anche a quello aziendale: Salmoiraghi dapprima, poi Carl Zeiss. Proprio ad Oberkochen, ove le vicende belliche avevano spostato la grande Fondazione dalla originaria Jena, l’autore ebbe l’occasione di seguire il continuo progresso di topografia e fotogrammetria. Dall’analogico all’analitico, da questi al digitale, tutto gli passò sotto gli occhi sempre più stupiti. Solo italiano di Carl Zeiss Milano direttamente dipendente dalla Casa Madre (in figura 1 il cartellino aziendale)
considerato “uno dei loro”, si veda la figura 2, ebbe la possibilità anche di seguire la ripresa postbellica delle tradizionali “Photogrammetrischen Wochen” trasportate a Stoccarda; con la possibilità di farvi partecipare come oratori alcuni italiani (Mussio, Amadesi, Banchini). Ad alcune edizioni, grazie anche ai buoni rapporti col professor Friedrich Ackermann, gestore insieme a Zeiss dei convegni, parteciparono sino ad una ventina di studiosi italiani (figura 3) fra cui funzionari dell’IGM e del Catasto, nonché illustri docenti quali Luigi Solaini, Giovanna Togliatti, Giuseppe Birardi, Riccardo Galetto.
Oggi e da oltre un decennio, nessun italiano si è più visto a Stoccarda. I contatti con Carl Zeiss rimasero ottimi anche dopo la chiamata del sottoscritto all’università di Bologna, che per un paio di anni restò alla Zeiss milanese come consulente. Durante la ispezione a Zeiss Milano di uno dei direttori generali della Fondazione, il Dr. Skoludec, questi si complimentò con me: gli ricordai che la “Alma Mater” compiva allora giusti novecento anni, prima nel mondo: e Skoludec pronto: “Sicher, dann kommt Prag!”, certo, poi venne Praga! In figura 4 la visita ad Oberkochen dell’intero corpo docente dell’Istituto di Geodesia e Geofisica bolognese, con il Preside di Facoltà il carissimo amico troppo presto scomparso, professor Giorgio Folloni (3).
Col nuovo millennio, tutto il mondo tradizionale del rilevamento crollò, sotto la spinta di multinazionali che uccisero quasi tutte le tradizionali aziende europee di strumenti per il rilevamento. Scomparvero così la Kern di Aarau, poi la prestigiosa Wild (non ne rimase nemmeno il nome: oggi vi è una “Leica” che però proviene da “LEitz CAmera”, la famosa camera degli anni Trenta e con Heerbrugg ha poco a che fare) (4).
Leica appartiene alla multinazionale svedese “Hexagon”, che si interessa di tutto! Scomparve da questo settore ÅGA: Carl Zeiss, pur dopo la riunificazione inaspettata della Germania ha cancellato dopo un secolo il dipartimento “Geo und Bildmess”. Ad una “PhoWo” dell’inizio del millennio incontrai il Dr. Dirk Hobbie, progettista del bellissimo ortofotoproiettore Orthocomp Z2; gli chiesi come andavano le nostre cose ad Oberkochen e mi rispose sconsolato, che il suo nuovo compito era quello di fare …. fotocopie! E qualche anno prima aveva rinunciato alla cattedra al Politecnico di Monaco per restare in Zeiss! Tre lustri prima Zeiss aveva festeggiato con grande clamore il suo dottorato (figura 5). Non mi resta che dire: “C’era una volta …”.
Riferimenti
1) Selvini, A. Le imprese di cartografia in Italia. GeoMedia, n°2/2014.
2) Selvini, A. Dall’iconometria al trattamento delle immagini. Maggioli editore,2018.
3) Selvini, A. Topografi e fotogrammetri fra cronaca e storia. Maggioli editore, 2015.
4) Selvini, A. Non è rimasto nemmeno il nome. GeoMedia, n° 2/2013.