Non ci si stupisca per il titolo di questo articolo: se il sostantivo discrasia (di derivazione greca) è normalmente usato in ambito medico, mi permetto di impiegarlo qui (così come ho già fatto altra volta) confortato da quanto dice il Vocabolario Treccani:
“In usi fig., con riferimento soprattutto a organismi economici e politici, a uffici o servizî pubblici, disfunzione, mancanza di coordinamento, e sim.”. Sottolineo i termini “disfunzione” e “mancanza di coordinamento”, che sono fondamentali per ciò che scriverò.
Non ho letto il libro del generale Vannacci, per pochi giorni comandante dell’IGM e prima ancora comandante della “Folgore” (come lo fu tempo prima mio cugino Antonio Milani, che però finì onorevolmente la carriera, con sulle spalline le quattro stelle di “Deputy Commander” delle Forze NATO Sud-Europa), Ma so per certo che Vannacci non si è occupato della “vexata quaestio” dei titoli personali degli italiani. Che peccato! La riproposta del DDL Malpezzi sulla ormai vecchia storia della laurea per geometri, mi fa tornare in mente la barzelletta degli “italiani tutti dottori”.
Statemi a sentire: nella UE un laureato è chiamato “Monsieur”, “Herr”, “Mister” e non “Dottor”. Il titolo di “dottore” spetta solo a chi, dopo la laurea, ha seguito un corso di studi specialistici (con l’eccezione, per l’appunto, del medico, sempre e dappertutto “Dottore” per via dei lunghi studi fatti). Oggi da noi si diventa “dottori” anche con le lauree triennali: i miei due nipoti, medici specialisti e primari ospedalieri, si sono visti da qualche anno circondati da graziose fanciulle (infermiere!!!) con sul camice il cartellino “ Dr…..”. Confesso che negli ultimi anni della mia carriera, dovendo congedare un tizio con laurea triennale “… coi poteri conferitimi dalla legge, visti gli esami e sentita la tesi del signor Tal dei Tali, lo proclamo “dottore in architettura” mi sentivo male. Introdotto dopo il convegno di Bologna anche da noi il “dottorato di ricerca”, gli interessati per distinguersi ricorrono al famoso “PhD” di matrice USA. Ma non basta. I “Maestri de’ Licei” vennero chiamati “professori” nella seconda metà dell’Ottocento. In Italia; oggi è “professore” anche chi insegna nella scuola media. Nel resto dell’UE sono “professori” solo i titolari di cattedra universitaria, oggi sia ordinari che associati. Ma di recente, anche qui la svicolata: da pochi anni sono stati introdotti i “professori aggregati”, titolo solo italico da dare ai ricercatori che abbiano un corso come incaricati. Fra poco avremo migliaia di geometri col titolo di “dottore”: ed i ragionieri, ed i semplici “periti”?
Ma la discrasia italiana è lunga e vistosa. Abbiamo un Catasto malconcio ed incapace di fornire dati corretti all’Erario (Agenzia delle Entrate). Ci manca da decenni la Commissione Geodetica, sulla quale a suo tempo scrissi diverse volte: il più importante organo geografico italiano, questo stesso IGM che mi ospita grazie alla diligenza e gentilezza del suo Direttore, il caro Amico e Collega Andrea Cantile, vive male con risorse finanziarie ridotte costantemente nel tempo (addio alla bellissima rivista “Bollettino di Geodesia”). Gli altri organi cartografici ufficiali, dal CIGA all’IIM vivono ancor peggio. Le Regioni, passato il ventennio iniziale nel quale si dettero le più diverse e incomparabili carte ufficiali (alla faccia della Germania ricomposta, con la sua DGK5, rigorosamente al 5000 dal Baltico alle Alpi bavaresi) vivacchiano ora malamente, dopo aver distrutto tre quarti delle imprese cartografiche italiane.
Mi dispiace ripeterlo, lo ho scritto molte volte qua e là: l’Italia è fuori dall’Europa (addirittura dal mondo) per le vicende che riguardano la misura del terreno e di quanto ci sta sopra. Vediamo di dirne due cose, partendo dall’Ottocento.
Un bel libro, dovuto all’ingegnere Giuseppe Erede e pubblicato nel 1878, del quale mostro qui sotto la copertina, parlava di “Geometria Pratica”: tale era il nome più consueto allora, della topografia.
Quanto è successo da allora in poi, è ben noto a tutti i “topografi”: l’avvento della celerimensura, l’affacciarsi della fotogrammetria e poi il suo dominio ai fini cartografici estesi, l’introduzione del calcolo elettronico e del disegno computerizzato, sino alla conquista dello spazio e all’avvento del remote sensing.
Ed ecco allora che la vecchia disciplina di misura della Terra cambia nome, adeguandosi ai tempi: nasce la geomatica. Ho scritto su questa nuova disciplina un lungo articolo, quasi vent’anni fa, sulla “Rivista dell’Agenzia del Territorio” (n° 1/2008) cui rimando. Il termine è nato nell’università di Laval in Canada nei primi anni Ottanta dello scorso secolo, a seguito della precisa cognizione che le crescenti potenzialità offerte dal calcolo elettronico stavano rivoluzionando le scienze del rilevamento e della rappresentazione e che l’uso del disegno computerizzato, vale a dire della video-grafica, era compatibile con il trattamento di quantità, fino a quel momento impensabili, di dati. Il classico “topografo” ed il “fotogrammetra” cambiano nome ed attività, assumendo nuovi aspetti e capacità. Una figura professionale di questo tipo esiste nel Nord America dagli inizi degli anni Ottanta del XX secolo e in alcuni paesi d’Europa si sta progressivamente affermando: è l’evoluzione del chartered surveyor nei paesi di lingua inglese, del géomètre expert in quelli francofoni, del Vermessungsingenieur in quelli di lingua tedesca, del Geodetisch Ingeniur nei Paesi Bassi.
Ed in Italia? Nulla di nulla. I geometri mirano solo al titolo di “dottore” triennale (che vergogna, ne ho scritto un poco dappertutto in particolare su GeoMedia). E la senatrice Malpezzi non se ne rende conto, continuando con più di centomila geometri, da ora in poi “dottori” tuttofare a differenza dele poche migliaia di veri GEOMETRI europei, dediti solo alla misura della Terra ed ai tracciamenti per la ricomposizione fondiaria.
Passiamo agli “ingegneri del territorio e dell’ambiente” (altro mio articolo sul GeoMedia): sono una ridicola manfrina ben diversa dalla formazione dei colleghi di lingua tedesca, olandese o francese. Le discipline del settore ministeriale “ICAR 06” (topografia e cartografia) vi sono contabili con una sola mano: nell’ambito dei vari programmi: le altre sono poco compatibili con il rilevamento e la rappresentazione. E pensare che parecchi milanesi si sono addottorati nella ETHZ, il Politecnico di Zurigo, dove hanno ben visto la differenza fra “loro” e “noi”!
Manca da tempo da noi la nuova letteratura geomatica. Nel secolo appena passato i “Maestri” avevano ben provveduto, da Boaga a Dore, da Solaini a Inghilleri, coi loro libri sulla topografia e fotogrammetria di allora. Io e un paio di bravi colleghi abbiamo scritto alla fine del ventesimo secolo ottimi libri di topografia generale, di fotogrammetria generale, di cartografia, per i tipi ben noti di UTET a Torino. Ma da tempo non sono più adatti, così come inutile è la traduzione fatta da Sergio Dequal del bel libro di fotogrammetria di Karl Kraus (tradotto dall’inglese, per cui l’opera di Sergio mi ricordò Vincenzo Monti, secondo il Foscolo gran traduttor dei traduttor d’Omero). Vedo che si consigliano libri in inglese up-to-date soprattutto di provenienza USA, ma io sono contrario. Non so che diffusione abbia avuto il libro di Mario A. Gomarasca del 2004 pubblicato per ASITA. Di recenti novità tradizionali topografiche ricordo solo il bel volume di Renzo Carlucci e quello da me appena recensito di Barzaghi, Pinto e Pagliari sul quale pesa però l’osservazione di un alto personaggio, che ne ha scritto, dopo averne valutato le parti dedicate a topografia, strumenti e trattamento delle osservazioni: non so se ridere o piangere!
La Repubblica Italiana appena nata, ha avuto l’accortezza di cancellare il titolo di “SE” (Sua Eccellenza) spettante a ministri e sottosegretari di Stato, a prefetti, ai generali da corpo d’armata in su, ai membri dell’Accademia di Stato (poi di quella dei cosiddetti “lincei”) ma non ha avuto la forza di copiare Francia, Inghilterra e Svizzera (poco restava al momento dell’Europa) per quanto riguardava i titoli universitari e professionali. Lo farà mai? Non costerebbe nulla e sarebbe una vera e propria rivoluzione, forse dolorosa ma utile per allinearci al resto del mondo. Ma non ci credo: al povero impiegato che sta parcheggiando, sentirsi dire dal più o meno lecito custode: più avanti, dottore, più avanti! fa pur sempre un gran piacere.
Concludo con un sorriso: sapete come si valuta, nei paesi della Mitteleuropa, il lavoro del topografo, oggi del geomatico ? Guardate la figura sottostante; si tratta di un libriccino che viene regolarmente distribuito agli alunni delle scuole medie, per sollecitarli a frequentare i corsi di chi misura e gestisce la Terra. Lo si fa nei paesi di lingua tedesca, e da noi anche in Alto Adige. Il titolo: ho un’amica che fa la topografa. Alla faccia dei geometri “laureati” italiani!