La fine ingloriosa della seconda guerra mondiale insieme all’avvento della democrazia, ha portato in Italia una anomalia unica al mondo. Della cosa mi sono occupato già molte volte, senza suscitare commenti e nemmeno eventuali provvedimenti.
Ci provo ancora, a quasi un secolo di vita (mi mancano solo un paio di anni per giungerci!) anche se so che l’indifferenza la farà da padrona, e la mia sarà una modestissima (secondo Isaia) vox clamantis in deserto. Mi sovviene di ben altra voce, quella di Giuseppe Prezzolini, amico di Mussolini e giunto sino a cento anni più qualche mese, insigne italiano vissuto per lo più negli USA ma dopo la guerra residente a Lugano, deluso dalla nuova Italia, democratica ma solo a parole.
Parliamo dei geometri: per quanto ne so, dalla civiltà egizia in poi, chi si occupava della misura delle cose terrene era detto (in italiano) agrimensore. Ho trovato però che il buon Petrarca scriveva: “Erodoto, di greca istoria padre, vidi, e dipinto il nobil geometra, di triangoli e tondi e forme quadre”. Sta di fatto che nel Settecento, compilando il catasto poi detto “Teresiano”, il termine “geometra” aveva assunto valore ufficiale, come si vede dalla figura sottostante:
Per tutto l’Ottocento venne usato prevalentemente il termine “agrimensore”; si giunse al 1929 con il Regio Decreto 11 febbraio, n. 274. “Regolamento per la professione di geometra” (GU n.63 del 15-03-1929) che definì una volta per tutte la questione prevalentemente agrimensoria, con modestissime possibilità progettuali edilizie, generalmente in ambito agrario. La professione del geometra in Europa era all’incirca la stessa in tutti gli Stati; il numero dei professionisti, era comparabile in Italia, Francia, Germania, Spagna, Regno Unito: ricorderò a titolo di esempio che nel Regio Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri “Carlo Dell’Acqua” di Legnano, negli anni trenta del ventesimo secolo gli allievi delle quattro classi (che diverranno cinque dopo la riforma Bottai del 1942) erano in media una quarantina, con minimo di 21 nell’anno scolastico 32/33 e massimo di 69 in quello 39/407. Va notato che in tutta la provincia di Milano allora vi erano solo altri due Istituti Tecnici, il “Carlo Cattaneo” di Milano e lo “Agostino Bassi” di Lodi . Nessuno ve ne era nelle provincie di Varese e di Como.
Gli iscritti ai Collegi (a quel tempo, “sindacati”) in tutto il Paese erano poco più di un migliaio. Solo a partire dal secondo dopoguerra vi fu l’afflusso straordinario di allievi geometri, e l’aumento incredibile degli Istituti Statali, insieme alla nascita di quelli privati! Come sia avvenuto questo fenomeno non è chiaro nemmeno oggi. Vi erano istituti tecnici per ragionieri e per periti (edili, meccanici, elettrotecnici…) ma nessuno di questi “scoppiò” così come fecero invece quelli per geometri: e nessuno, almeno sino ad oggi, è riuscito a comprenderne il “perché”: una indagine in tal senso sarebbe utile. Sta di fatto che per prima cosa nacquero “scuole” private tollerate ed addirittura sostenute dal Ministero della Pubblica Istruzione, subito frequentate di sera da alunni privi del tutto della licenza media ma ugualmente ammessi addirittura alla frequenza della terza classe per geometri: poi “promossi” negli ancora pochi istituti statali che dovettero fare buon viso a cattivo gioco. In pochi anni lo stato aprì istituti per geometri un poco dappertutto: nei paesini intorno a Legnano ne nacquero parecchi, così come nella stessa Milano, poi a Como, a Lecco, a Monza, a Pavia, a Vigevano…. L’unico istituto di Novara si vide presto affiancato da quello di Verbania, di Domodossola… Ne sorsero a Varese, a Tradate, a Saronno, a Gallarate, addirittura nella mia Somma Lombardo, allora paesino di quindicimila abitanti!
Il male fu però ben altro. Non più stime agricole od urbane, non più bilanci di consegna e riconsegna, non più ricerca di confini incerti o tracciamento di stradine poderali: bensì case e casupole un poco dappertutto, nell’assenza di piani regolatori (chi li aveva, allora?) e nell’impotenza delle commissioni edilizie a loro volta ripiene di “geometri” di tal fatta.
Nati i “collegi” al posto dei fascisti “sindacati”, che pubblicavano il bel mensile “Il Geometra Italiano” (qui avanti in figura un fascicolo del 1935) questi si videro in pochi anni crescere a dismisura, arricchendo anche la relativa Cassa di Previdenza che oggi è ben più panciuta della “Inarcassa”!
E così a fronte delle alcune migliaia di “Geometri” francesi, tedeschi, inglesi, spagnoli, o delle poche centinaia svizzeri ed austriaci, belgi od olandesi (tutti con formazione universitaria!) ci troviamo oggi il centinaio di migliaia e più di italiani in attesa del (falso!) “Dott.” prima di nome e cognome.
Ma la malasorte italica non è finita qui. Nella seconda metà del ventesimo secolo, la “Gentiliana” chiusura universitaria per chi non avesse licenza liceale venne abolita, da un Parlamento compiacente e sensibile alle urne. E fu un’altra tragedia: le facoltà di architettura, sino ad allora drammaticamente dure, calarono le braghe e addirittura aprirono, così come gli istituti tecnici, corsi serali compiacenti, subito inondati da geometri che si ritrovarono “architetti” senza avere passato corsi di analisi matematica o di “caratteri distributivi”, ma avendo ottenuto bei voti in compenso per ben “cinque” prove di “progettazione” ed altre cinque di “storia dell’urbanistica”, sui trenta necessari (al posto della quarantina dei tempi passati) per essere ammessi alla discussione della tesi. Mi si permetta l’esempio della mia cittadina, Somma Lombardo, provincia di Varese: sino al 1970 vi fu un solo architetto, laureatosi al “Poli” dopo dieci (!!) anni di fatiche e di esami ripetuti anche più di una volta. Dopo un altro decennio, la mia cara Somma fu invasa da almeno una ventina di “nuovi” architetti che sgrammaticavano abbondantemente e facevano di tutto, dagli impiegati comunali agli insegnanti della scuola media. Dal ‘Settanta in poi registrò un significativo aumento di iscrizioni anche da parte di studenti provenienti dalla Grecia, dal Nord Africa e da diversi Paesi arabi, attratti dalla possibilità di ottenere una laurea considerata più accessibile rispetto ad altri contesti accademici internazionali, e accompagnata in Italia dal titolo di “Dottore”, un riconoscimento che in molti casi non trovava corrispettivi equivalenti all’estero. Mi si lasci ricordare qui il buon Petrarca: “Italia mia, benché 'l parlar sia indarno a le piaghe mortali che nel bel corpo tuo sí spesse veggio….
Qui sotto, l’elenco (incompleto!) di ciò che in tanti anni ho scritto sui geometri.
Rivista del Catasto e dei SS.TT.E
Un diploma universitario per Geometri; n°. 1/94
Quali geometri e come? n° 1/2004
Qualche riflessione sull’insegnamento della topografia negli ITG, n° 2/2007
Bollettino SIFEt
Sull'esame di abilitazione all'esercizio della libera professione di geometra, sessione 1995, n° 4/95
Sull’esame di abilitazione per geometri 2004, n° 4/2004
Noi Geometri (Rivista del Collegio di Milano)
Il nuovo corso di studi per un geometra europeo: riflessioni e proposte; n° 6/90
Geometri ed esami di stato, n° 5/2000
Ancora una volta, sull’Esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione di geometra, n° 6/2004
Il Seprio (Rivista del Collego di Varese)
La formazione professionale del geometra e l’Europa, n°. 3/2001
Lettera aperta al Ministro della P.I., n°9/2001
Di nuovo sull’esame di stato, n°. 1/2003
Geometra: una professione antica svolta con nuovi strumenti ed una nuova formazione, n° 2/2003
Qualche riflessione sulla formazione del geometra n.°2/2007
Ma nessuno ci pensa? n° 4/2007
Geometri o periti edili? n° 4/2009
Quando i geometri erano geometri. n° 2/2014
Al peggio non c’è mai fine. n° 4/2014
Quale futuro per il geometra italiano? n° 4/2016
Calano gli iscritti negli Istituti Tecnici…n° 3/2016
Ma la FIG sta a guardare?... n° 4/2016
Geometri, ritorno alle origini, n° 2/ 2018
GEOMEDIA
Riflessioni su di un programma ministeriale in coll. con C. Monti, n° 3/2013
Lettera aperta al direttore di Geomedia, n° 3/ 2015
Quo usque tandem, n° 4/2015
Quantum mutatus ab illo, n° 6/2015
In errore perseverare n° 5/2018
Repetita non iuvant n° 4/2017
La discrasia italiana nel settore geodetico n°2 /2021
Da geometri a periti le iscrizioni negli Istituti Tecnici calano n° 4/2017
Attilio Selvini, già presidente SIFET